Codice Deontologico degli Psicologi

In vigore dal 1.12.2023

CAPO I – PRINCIPI GENERALI

Articolo 1 – Campo di applicazione

Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutte le iscritte e tutti gli iscritti all’Albo. 

Tutte le psicologhe e tutti gli psicologi iscritti sono tenuti alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. 

Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico. 

Articolo 2 – Procedure disciplinari e sanzioni

La psicologa e lo psicologo non mettono in atto azioni e comportamenti che ledono il decoro e la dignità della professione. 

L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ogni azione od omissione contrarie al corretto esercizio della professione sono puniti secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56. 

Articolo 3 – Principio di responsabilità

La psicologa e lo psicologo considerano loro dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale operano per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stesse e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. La psicologa e lo psicologo sono consapevoli della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, possono intervenire significativamente nella vita delle altre persone. Pertanto devono prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, culturali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso inappropriato della loro influenza, e non utilizzare indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza di committenti e persone destinatarie della loro prestazione professionale. La psicologa e lo psicologo sono responsabili dei loro atti professionali e delle loro prevedibili e dirette conseguenze.

Articolo 4 – Principio del rispetto e della laicità

La psicologa e lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, forniscono all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le proprie prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. 

Riconoscono le differenze individuali, di genere e culturali, promuovono inclusività, rispettano opinioni e credenze e si astengono dall’imporre il proprio sistema di valori. 

La psicologa e lo psicologo utilizzano metodi, tecniche e strumenti che salvaguardano tali principi e rifiutano la collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. 

Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui la psicologa e lo psicologo operano, questi ultimi devono esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui sono professionalmente tenuti.

Articolo 5 – Competenza professionale

La psicologa e lo psicologo sono tenuti a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali operano. La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconoscono i limiti della loro competenza e usano, pertanto solo strumenti teorico-pratici per i quali hanno acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. La psicologa e lo psicologo impiegano metodologie delle quali sono in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscitano, nella persona cliente e/o utente aspettative infondate. 

Articolo 6 – Autonomia professionale

La psicologa e lo psicologo accettano unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la loro autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informano il loro Consiglio territoriale. La psicologa e lo psicologo salvaguardano la loro autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; sono perciò responsabili della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni e delle interpretazioni che ne ricavano. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline, la psicologa e lo psicologo esercitano la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze. 

Articolo 7 – Validità dei dati e delle informazioni

Nelle attività di ricerca, nelle comunicazioni dei risultati e in ogni altra attività professionale, nonché nelle attività didattiche, di formazione e supervisione, la psicologa e lo psicologo valutano attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità, di attendibilità, di accuratezza, di affidabilità di dati, informazioni e fonti su cui basano le conclusioni raggiunte; espongono, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative ed esplicitano i limiti dei risultati a cui sono arrivati. 

La psicologa e lo psicologo, su casi specifici, esprimono valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata, coerente con il tema oggetto di valutazione ed attendibile. 

Articolo 8 – Tutela della professione e contrasto all’esercizio abusivo

La psicologa e lo psicologo contrastano l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnalano al Consiglio dell’Ordine i presunti casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui vengono a conoscenza. Parimenti, utilizzano il loro titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avallano con esso attività ingannevoli od abusive. 

Articolo 9 – Consenso informato nella ricerca

Nella loro attività di ricerca la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad informare adeguatamente le persone in essa coinvolte rispetto agli scopi, alle procedure, ai metodi, ai tempi e ai rischi della stessa, nonché alla modalità di trattamento dei dati personali raccolti al fine di acquisirne il consenso. 

Sono altresì tenuti a fornire adeguate informazioni anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale della ricercatrice e del ricercatore ed alla loro istituzione di appartenenza. 

Devono altresì garantire alle persone partecipanti alla ricerca la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. 

Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente, correttamente e completamente le persone partecipanti su alcuni aspetti della ricerca stessa, la psicologa e lo psicologo hanno l’obbligo di fornire alla fine dell’attività sperimentale e/o di ricerca, le informazioni dovute e di acquisire l’autorizzazione all’uso del materiale e dati raccolti. 

Per quanto concerne le persone che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale o la tutela. È altresì richiesto l’assenso delle persone stesse, ove siano in grado di comprendere la natura dei contenuti delle attività in cui saranno coinvolte e della collaborazione richiesta, in relazione alla loro età e al loro grado di maturità nel pieno rispetto della loro dignità. 

Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto delle persone alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato. 

Articolo 10 – Attività professionali con gli animali

Quando le attività professionali, incluse quelle di ricerca, hanno ad oggetto il comportamento degli animali, la psicologa e lo psicologo si impegnano a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze. 

Articolo 11 – Segreto professionale

La psicologa e lo psicologo sono strettamente tenuti al segreto professionale. Pertanto non rivelano notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del loro rapporto professionale, né informano circa le prestazioni professionali programmate o effettuate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dai seguenti articoli. 

Articolo 12 – Testimonianza

La psicologa e lo psicologo si astengono dal rendere sommarie informazioni o testimonianza su quanto conosciuto per ragione della propria professione. 

La psicologa e lo psicologo possono derogare all’obbligo del segreto professionale in presenza di un valido e dimostrabile consenso della persona destinataria della prestazione. Valutano, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica della persona destinataria della prestazione. 

In assenza del consenso della persona destinataria della prestazione e salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria, la psicologa e lo psicologo devono astenersi dal rendere informazioni, e in caso di testimonianza devono rimettersi alla motivata decisione del Giudice. 

Articolo 13 – Casi di referto o denuncia o deroga alla riservatezza

Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, la psicologa e lo psicologo limitano a quanto strettamente necessario, all’adempimento di tale obbligo, il riferimento di quanto appreso in ragione del loro rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica della persona. Negli altri casi, valutano con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla loro doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica della persona e/o di terzi. 

Articolo 14 – Interventi professionali su gruppi

Nel caso di intervento su o attraverso gruppi, la psicologa e lo psicologo hanno il compito di informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. Devono altresì impegnare, quando necessario, le persone componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuna alla riservatezza. 

Articolo 15 – Collaborazioni interprofessionali e condivisione delle informazioni

Nel caso di collaborazione con altre figure professionali parimenti tenute al segreto, la psicologa e lo psicologo, previo consenso della persona destinataria della prestazione, possono condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione. 

Articolo 16 – Salvaguardia dell’anonimato

La psicologa e lo psicologo redigono le comunicazioni scientifiche in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato delle persone destinatarie della prestazione. 

Articolo 17 – Protezione di dati e documenti

La riservatezza delle comunicazioni deve essere protetta e garantita anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. 

Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. 

La psicologa e lo psicologo che collaborano alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adoperano per la realizzazione di garanzie di tutela delle persone interessate. 

Articolo 18 – Rispetto della libertà di scelta

In ogni contesto professionale la psicologa e lo psicologo devono adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte dell’ente o della persona cliente e/o paziente, della professionista o del professionista cui rivolgersi. 

Articolo 19 – Contesti valutativi

La psicologa e lo psicologo che prestano la loro opera professionale in contesti di selezione e valutazione sono tenuti a rispettare esclusivamente i criteri della propria specifica competenza, qualificazione o preparazione e non avallano decisioni contrarie a tali principi. 

Articolo 20 – Attività di docenza e formazione psicologica

Nella loro attività di docenza, di didattica e di formazione la psicologa e lo psicologo stimolano in studentesse, studenti e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale. 

Articolo 21 – Insegnamento di metodi, tecniche e strumenti professionali

La psicologa e lo psicologo anche attraverso l’insegnamento, in ogni ambito e ad ogni livello, promuovono conoscenze psicologiche, condividono e diffondono cultura psicologica. 

Tuttavia costituisce grave violazione deontologica l’insegnamento a persone estranee alla professione psicologica dell’uso di metodi, tecniche e di strumenti conoscitivi e di intervento propri della professione stessa. 

Costituisce aggravante il caso in cui l’insegnamento dei metodi, delle tecniche e degli strumenti specifici della professione psicologica abbia come obiettivo quello di precostituire possibili esercizi abusivi della professione. 

CAPO II – RAPPORTO CON L’UTENZA E LA COMMITTENZA

Articolo 22 – Condotte non lesive

La psicologa e lo psicologo adottano condotte non lesive per le persone di cui si occupano professionalmente, e nelle attività sanitarie si attengono alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali. Non utilizzano il loro ruolo ed i loro strumenti professionali per assicurare a sé o ad altre persone indebiti vantaggi.

Articolo 23 – Compenso professionale

Nella fase iniziale del rapporto professionale, la psicologa e lo psicologo pattuiscono quanto attiene al compenso. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata alla natura e alla complessità dell’attività professionale. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale. 

Articolo 24 – Consenso informato sanitario nei confronti di persona adulte capaci

Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge. 

L’acquisizione del consenso informato è un atto di specifica ed esclusiva responsabilità della psicologa e dello psicologo.

Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni al contesto e alle condizioni della persona, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazione o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. 

La psicologa e lo psicologo informano la persona interessata in modo comprensibile, completo, e aggiornato sulla finalità e sulla modalità del trattamento sanitario, sull’eventuale diagnosi e prognosi, sui benefici e sugli eventuali rischi, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario.

Articolo 25 – Uso degli strumenti e comunicazione dei risultati

La psicologa e lo psicologo non usano impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispongono. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informano le persone circa la natura dell’intervento professionale, e non utilizzano, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad esse pregiudizio. Nella restituzione e comunicazione dei risultati dei loro interventi diagnostici e valutativi, la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad adattare e regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica delle persone a cui essa è destinata e/o si riferisce. 

Articolo 26 – Principio dell’astensione

La psicologa e lo psicologo si astengono dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con la natura e l’efficacia delle loro prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. La psicologa e lo psicologo evitano, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti di altre persone, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne credibilità ed efficacia. 

Articolo 27 – Interruzione del rapporto professionale

La psicologa e lo psicologo valutano ed eventualmente propongono l’interruzione del rapporto professionale quando constatano che la paziente o il paziente non trae alcun beneficio dall’intervento psicologico e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento dello stesso. Ove necessario, forniscono alla paziente o al paziente le informazioni idonee a ricercare altri e più adatti interventi. 

Articolo 28 – Commistioni tra ruolo professionale e vita privata

La psicologa e lo psicologo evitano commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali hanno intrattenuto o intrattengono relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Alla psicologa e allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per loro indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. La psicologa e lo psicologo non sfruttano la posizione professionale che assumono nei confronti di colleghe e colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale. 

Articolo 29 – Condizioni preliminari all’intervento

La psicologa e lo psicologo possono subordinare il loro intervento ad altri trattamenti sanitari e alla condizione che la paziente o il paziente si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale. 

Articolo 30 – Proporzionalità tra intervento e compenso

Nell’esercizio della loro professione alla psicologa e allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali. 

Articolo 31 – Consenso informato sanitario nei casi di persone minorenni o incapaci

I trattamenti sanitari rivolti a persone minorenni o incapaci sono subordinati al consenso informato di coloro che esercitano sulle medesime la responsabilità genitoriale o la tutela. 

La psicologa e lo psicologo tengono conto della volontà della persona minorenne o della persona incapace in relazione alla sua età e al suo grado di maturità nel pieno rispetto della sua dignità. 

Nei casi di assenza in tutto o in parte del consenso informato di cui al primo comma, ove la psicologa e lo psicologo ritengano invece che il trattamento sanitario sia necessario, la decisione è rimessa all’autorità giudiziaria. 

Sono fatti salvi i casi in cui il trattamento sanitario avvenga su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte. 

Articolo 32 – Prestazione richiesta da un committente

Quando la psicologa e lo psicologo acconsentono a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dalla persona destinataria della prestazione stessa, sono tenuti a chiarire con le parti in causa la natura e la finalità dell’intervento. 

In tutti i casi in cui la persona destinataria ed il committente non coincidano, la psicologa e lo psicologo tutelano prioritariamente la persona destinataria dell’intervento stesso. 

CAPO III – RAPPORTI CON LE COLLEGHE E I COLLEGHI

Articolo 33 – Principio di colleganza

I rapporti fra le psicologhe e gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. La psicologa e lo psicologo appoggiano e sostengono le colleghe e i colleghi che, nell’ambito della loro attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessi la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche. 

Articolo 34 – Contributo allo sviluppo delle discipline psicologiche

La psicologa e lo psicologo si impegnano a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle loro conoscenze e delle loro tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale. 

Articolo 35 – Indicazioni delle fonti

Nel presentare i risultati delle loro ricerche scientifiche e attività professionali, la psicologa e lo psicologo devono indicare gli altrui contributi e le relative fonti. 

Articolo 36 – Giudizi sull’operato di colleghe e colleghi

La psicologa e lo psicologo non esprimono pubblicamente su colleghe e colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela alle colleghe e ai colleghi. Qualora ravvisino casi di scorretta condotta professionale e metodologica che possano tradursi in danno per le persone o enti destinatari o per il decoro della professione, la psicologa e lo psicologo devono darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente. 

Articolo 37 – Accettazione del mandato

La psicologa e lo psicologo accettano il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle loro competenze. Qualora l’interesse della persona o dell’ente richiedente la prestazione comporti il ricorso ad altre competenze specifiche, la psicologa e lo psicologo propongono l’invio ad altro collega o altro professionista. 

Articolo 38 – Dignità professionale e decoro

Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresentano pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad uniformare la propria condotta ai principi della dignità professionale e del decoro. 

CAPO IV – RAPPORTI CON LA SOCIETÀ

Articolo 39 – Presentazione professionale

La psicologa e lo psicologo presentano in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconoscono quale loro dovere quello di aiutare la comunità, le clienti e i clienti, a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte. 

Articolo 40 – Pubblicità professionale

La psicologa e lo psicologo, indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, non assumono pubblicamente comportamenti scorretti e finalizzati al procacciamento della clientela. 

In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto viene verificato, ove necessario, dai competenti Consigli dell’Ordine. 

Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica. 

CAPO V – NORME DI ATTUAZIONE

Articolo 41 – Osservatorio permanente sul CDPI

È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli Psicologi “l’Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine. 

L’Osservatorio ha il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare le proposte che la Commissione dovrà portare in Consiglio Nazionale dell’Ordine ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. 

Articolo 42 – Entrata in vigore del CDPI

Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.


Vecchio Codice, in vigore fino al 30.11.2023

Capo I – Principi generali

Articolo 1 – Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.

Articolo 2 – L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

Articolo 3- Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Articolo 4 – Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5 – Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Articolo 6 – Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

Articolo 7 – Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

Articolo 8 – Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

Articolo 9 – Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

Articolo 10 – Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

Articolo 11 – Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

Articolo 12 – Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

Articolo 13 – Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

Articolo 14 – Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

Articolo 15 – Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

Articolo 16 – Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

Articolo 17 – La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale.Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

Articolo 18 – In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

Articolo 19 – Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

Articolo 20 – Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

Articolo 21 – L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.

Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza

Articolo 22 – Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.

Articolo 23 – Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.

Articolo 24 – Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

Articolo 25 – Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

Articolo 26 – Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.

Articolo 27 – Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

Articolo 28 – Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

Articolo 29 – Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

Articolo 30 – Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

Articolo 31 – Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

Articolo 32 – Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.

Capo III – Rapporti con i colleghi

Articolo 33 – I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

Articolo 34 – Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

Articolo 35 – Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

Articolo 36 – Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.

Articolo 37 – Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.

Articolo 38 – Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

Capo IV – Rapporti con la società

Articolo 39 – Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

Articolo 40 – Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

Capo V – Norme di attuazione

Articolo 41 – È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l’”Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Articolo 42 – Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Ultime News

Ordine Psicologi Calabria

L’Ordine è un Ente pubblico non economico sul quale vigila il Ministero della Salute, strutturato a livello regionale.

Codice Fiscale: 92006170796

@2021 Ordine Psicologi Calabria | Powered by Altrama Italia